In Piazza del Ponte, nel centro storico cittadino, si prospetta la chiesa votiva di San Rocco, eretta per voto della Comunità tra il 1499 e il 1521, durante il perversare della peste nella cittadina.
Il sacro edificio subì radicali rimaneggiamenti durante il Seicento e tra il 1817 e il 1841.
Rimasta quasi completamente distrutta in seguito ai terremoti del 1976 è stata ricostruita in modo anastilotico e filologico tra il 1978 e il 1982, per iniziativa del sacerdote gemonese mons. Pietro Londero e con il contributo di libere offerte da parte di privati e di Enti in ricordo delle vittime del sisma (la ricostruzione in modo filologico degli edifici prevede la loro riproposizione “dov’erano e com’erano” e la tecnica dell’anastilosi prevede il recupero di tutti gli elementi architettonici non distrutti dal sisma, mentre gli elementi mancanti vengono riproposti in modo che siano distinguibili nettamente da quelli originali). Inoltre è la prima chiesa gemonese a essere stata ricostruita dopo i terremoti del 1976.
Nella facciata timpanata e divisa in quattro lesene ioniche si osserva il portale barocco datato 1617.
Nell’interno, a pianta trapezoidale e con due piccole navate verso il presbiterio, il soffitto è decorato con un affresco raffigurante il Giudizio Universale (Bruno Tuti gemonese – 1982; l’affresco, nel soffitto precedente ai terremoti e raffigurante sempre lo stesso tema, era stato eseguito dal pittore veneziano Sebastiano Santi, nel 1841, in soli 17 giorni).
Nella navata centrale, quattro dipinti su tela raffiguranti i quattro Evangelisti (sec. XVIII). Ai lati dell’arco trionfale del presbiterio, a sinistra, scultura lignea raffigurante Sant’Emidio, il protettore dai terremoti (sec. XX; questa statua si trovava collocata, fino ai terremoti del 1976, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie) e scultura in gesso raffigurante San Rocco (sec. XX); a destra, scultura lignea raffigurante la Madonna col Bambino (sec. XX).
Nelle pareti di fondo delle due piccole navate laterali, due tele su tavola raffiguranti, quella di sinistra, San Rocco e una Madre con il figlio ammalato (G. Seravalli gemonese, 1992) e, quella di destra, San Giovanni e la Madonna reggente sulle ginocchia il Cristo Morto (G.B. Pittini gemonese – 1992).
Sempre nella stessa navata di destra, sette quadri con incisioni ottocentesche raffiguranti i Sette Dolori della Madonna (manca il quadro del quinto dolore).
Nella parete di fondo del presbiterio, grande Crocifisso ligneo (Paolino Urbani gemonese – 1982).
San Rocco di Montpellier manifestò fin da piccolo una devozione sorprendente e decise ben presto di dedicare la propria vita alla preghiera e soprattutto al bene degli altri.
La sua vicenda umana si dispiega nell’Europa della metà del 1300, funestata dal flagello della peste e fu in Italia che le sue doti taumaturgiche si manifestarono: bastava il tocco della sua mano benedetta per guarire i malati abbandonati dai loro stessi parenti.
Le statue di San Rocco e anche la statua presente nella nostra chiesetta gemonese lo rappresentano in veste di pellegrino, con il tabarro, il cappello a tesa larga, un bastone da viaggio a cui erano assicurate conchiglie per raccogliere l’acqua e una zucca vuota per conservarla, la bisaccia a tracolla.
Altre statue lo raffigurano mettendo in evidenza le sue doti di guaritore: egli era anche un ex studente di medicina, e così viene presentato con in mano le lancette che venivano utilizzate per incidere i bubboni della peste. E dal momento che anche lui venne contagiato, a un certo punto, viene presentato anche con i segni del morbo, una ferita sulla coscia che sembra stillare sangue (nella foto il dettaglio anche nella statua del “nostro” San Rocco).
San Rocco tornò in patria e venne imprigionato dai suoi stessi parenti che, non riconoscendolo, lo scambiarono per una spia. Fu solo dopo la sua morte, avvenuta in prigione, che il riconoscimento avvenne. Accanto al proprio corpo il Santo aveva lasciato una tavoletta con la scritta: “Chiunque mi invocherà contro la peste sarà liberato da questo flagello.” Per questo ancora oggi egli è patrono dei Malati infettivi, degli Invalidi e dei Prigionieri.
Un’ulteriore curiosità consiste nel fatto che San Rocco è anche il “Santo patrono dei cani”, in quanto, dopo aver contratto la peste, temendo di infettare altre persone, il Santo si isolò nella foresta. Stava morendo lentamente, ma Dio lo aiutò mandandogli un cane, che avrebbe leccato le sue piaghe e gli avrebbe portato ogni giorno del pane che prendeva dalla tavola del suo padrone. Insieme al cane si trova spesso un angelo che lo confortò promettendogli la guarigione.
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