I surisins di Gemona: un po’ di storia

Un po’ di storia per conoscere di più la tradizione dei surisins di Gemona

Premettendo che nella bibliografia locale si accenna appena ai surisins, le uniche fonti sono testimonianze orali. I ricordi si confondono, i nomi sfuggono, le date si sovrappongono..

Un incontro, avuto nel 1999 con Giovanni Michieli, conosciuto da tutti come Gjovanin Bobo, ha rivelato che i surisins potrebbero giungere dalla Campania, importati a Gemona da un tale Di Filippo alla fine dell’800. Non è noto per quali motivi egli si fosse trasferito a Gemona, ma sembra che qui avesse preso moglie e messo su famiglia.

Gjovanin mi disse anche che questi fuochi venivano chiamati correntini, termine, forse dialettale, che, dalla ricerca finora svolta, non risulta indicato su alcun testo o sito internet. Anche gli organizzatori del Festival di Potenza contattati dicono di non aver mai sentito questa definizione prima d’ora: mistero!

Sembra che inizialmente si facessero in Borgo del Ponte, tirando un cavo che dalla caserma di Via XX Settembre arrivava fino all’imbocco di Via Cella, e che dopo la Prima Guerra Mondiale fossero stati spostati in Piazza Garibaldi per motivi di spazio, tirando il cavo da quella che oggi è casa Candusso di Via G. Barazzutti fino a casa Beltrame di Piazza Garibaldi, per un tratto complessivo di una sessantina di metri. I primi facevano solo il percorso di andata, mentre i successivi, con una carica più potente, anche quello di ritorno. Infatti, con la loro spinta iniziale rimbalzano su un disco metallico, dietro il quale è sistemata una molla che ne attutisce il colpo, fino a tornare, con l’accensione della seconda carica, al punto di partenza.

Realizzati in maniera del tutto artigianale, i primi surisins erano solo bianchi, impiegando limatura di alluminio, ma in seguito furono anche colorati grazie all’uso di limatura di ferro per il marrone e di rame per il rosso.

Delle persone intervistate per la realizzazione di questa raccolta di memorie, nessuna ricorda il Di Filippo, se non di averne sentito vagamente parlare. Il mistero s’infittisce!

Dati più attendibili riguardano invece Sandro Marini, detto Sandro Flap, e il cognato Riccardo Copetti Zan (marito della sorella Elisa), nati verosimilmente attorno agli anni ’80 dell’Ottocento.

Abitavano in Via Cella o comunque nel Borc das Muinis. Il figlio di Zan, Alessandro Copetti, nato nel 1912, falegname e co-fondatore della fabbrica di giocattoli FFGG, amava ricordare ai figli che suo padre e suo zio facevano í surisins. Maneggiando la polvere pirica, Sandro Flap perse addirittura un occhio o per lo meno ne subì serie conseguenze. La tradizione risale pertanto realmente a ben più di un secolo fa.

Che i Marini abbiano avuto anche in passato una certa familiarità con botti e petardi, lo si desume da una nota apparsa su La Patria del Friuli il 20 settembre 1889, che parla di una festa a Gemona con fuochi d’artificio realizzati da un certo Giovanni Marini, probabile parente quindi di Sandro.

Un altro dato certo si ha su Paolo Sabidussi, detto Paolin, nato nel 1888. Egli era messo comunale e svolgeva anche altre mansioni per il comune, come la sostituzione delle lampadine dell’illuminazione pubblica. Era pompiere volontario. Il nipote Franco, Vigile del Fuoco in pensione, ricorda che il nonno gli raccontava dei surisins, che accendeva e andava poi a recuperare col bastone. Paolin aveva una vera passione per la polvere pirica tant’è che a Capodanno si costruiva i botti artigianalmente. È pertanto plausibile pensare che realizzasse da sé i surisins.

Tra le ditte professionali che in seguito li confezionarono, si ricordano la Ditta Del Zotto di Paderno (Ud) e La Pirotecnica di D’Angelo Ferdinando con sede a Molin Nuovo (UD).

Gino Deotto rammenta che, alla fine degli anni ’30, uno degli addetti ad accendere i surisins fosse lo zio materno Andrea Marini Dree Kilot, anch’egli nato attorno al 1890, e racconta: “Une volte a l’è partit un surisin, c’a l’è passàt sot lis cotulis di une femine, c’a saltave come un cavret dal spavent. E la int a ridi e bati lis mans contente. A l’ere un cinematografo!” Episodi di tempi lontani! In quegli anni collaboravano alla preparazione del percorso anche i fratelli Giorgio e Nicolò Coleto Marini Kilot.

Un altro protagonista dei surisins è stato il Maresciallo Carlo Sindici (nato nel 1905), che forte delle sue origini laziali, sentiva in modo particolare questa tradizione gemonese. Nel dicembre del 1948 su Voce Amica si legge: sig. Carlo Sindici va sempre meglio affermandosi nell’arte della pirotecnica. La moglie Femanda Cuzzi, dall’alto dei suoi 103 anni, ricorda di aver sempre visto i surisins e sempre in Borgo Villa.

Qualcuno sostiene che abbiano un valore scaramantico: se il surisin riesce a coprire  anche tutto il percorso di ritorno, l’annata sarà propizia, al contrario se si dovesse fermare prima, il futuro potrebbe non essere così favorevole. Ci sono stati anni particolarmente sfortunati in tal senso, come viene riportato tra le cronache parrocchiali di Voce Amica nell’ottobre del 1966: “8 settembre: nella chiesa delle Grazie sì svolge la festa della Natività dì Maria, col solito concorso di fedeli alle Messe e alla funzione pomeridiana. Tiene il panegirico don Elpidio. Alla sera gran folla per sentire la banda di Buja e per vedere i fuochi artificiali, ma soprattutto i tradizionali “surisins”, che a dire il vero quest’anno hanno un po’ deluso. Più di qualcuno è stato indisciplinato sul filo, arrestandosi prima di colpire il bersaglio. Si vede che non è impresa facile dar loro la carica giusta!”

Non è noto chi abbia battezzato questi allegri petardi col nome di surisins: AAA cercasi l’autore! La traduzione italiana è topini. Ezio Pretto ricorda che i vecjos dicevano che l’ispirazione venisse dal noto incendio del 3 febbraio 1437 che sembra, storia o leggenda narrano, fosse stato propagato da un gatto con la coda in fiamme in Borgo Villa e poi fino a Piovega e Paludo. Per qualche anno si commemorò il doloroso evento il giorno di San Biagio (3 febbraio), ma poi Gemona si votò alla Madonna. Così ebbe inizio la solenne Prucission dal Gjat il giorno della Madonna Immacolata (8 dicembre). Se il gatto scappa con la coda infiammata, anche i topi, i surisins …

Importante è la figura dell’ uomo col bastone; egli ha il compito di andare a raccogliere il surisin bloccato a metà della corsa o dal punto in cui termina la forza della seconda carica.

Questo ruolo è stato rivestito in passato da tutti coloro finora citati e dai fratelli Davide e Pietro Marini Kilot (figli di Giorgio), e ancora, negli ultimi anni, da Fausto Cargnelutti, il sig. Speciale (oriundo gemonese, che vive a Bolzano), Dino Vidoni, Mario e Adriano Copetti (anch’essi fratelli), Mauro Serafini e tanti altri. Per i bambini, ma anche per gli adulti, era divertente osservare l’uomo col bastone, poiché tante volte succedeva che non riuscisse ad “agganciare” subito il surisin da recuperare, facendo oscillare goffamente il bastone di qua e di là del cavo.

Erano una vera festa per i più piccoli con le loro vivaci scintille. L’atmosfera era resa ancor più allegra dall’allestimento di coreografiche girandole. Giovanni Battista Cedaro, classe 1916, ricorda che “… la felicità che provavo quand’ero bambino era indiscutibilmente eccezionale.”

I tragici eventi del 1976 imposero una pausa forzata anche ai surisins, che ripresero a correre l’8 settembre 1982, grazie soprattutto alla volontà di borghigiani (Dante Gurisatti, Livia Zanini,…) e commercianti (Giuseppe Zanini e la moglie Fernanda, Manlio Aldo Mattioni e la moglie Dele,…) con le loro rispettive famiglie, quando Gemona era in piena fase di ricostruzione. Livia Zanini racconta, con viva commozione, di quei primi anni ’80, quando Gemona era tutto un cantiere e pochissime erano le famiglie che abitavano in Centro: “I si cjatavin sot i arcs di Palaç Gropplero e i giuavin a cjartis par passâ il timp. A l’ere l’unic ritrovo. I vin sintût e i sintin Glemone: no vevin voe di pierdi la gnestre tradission. Alore i vin tacât a pensâ di fâ i surisins. Con il permes dal Sindic Benvenuti non ducj con lis gnestri fameis i vin netât pulît dute la place di rudinas e maceris par almancul cuindis dîs. In chê sere i vin metût lì di Mation une damigjane di vin e i vin fat patatinis fritis. No varissin mai pensât c’a vignis dongje cussì tante int: a l’è stât un grant suces, i vin vût veramentri une grande sodisfassion.”

Anche Nello Venchiarutti diede il suo contributo a tale ripristino: grazie alla competenza del figlio ing. Antonio, riuscì ad ottenere tutti i permessi necessari per la parte burocratica, tecnica e sulla sicurezza. Per alcuni anni furono nuovamente sospesi: la ricostruzione incalzava.

Negli anni ’80 e ’90 a tesare il filo sono stati soprattutto Francesco Ellero, Antonio e Pierino Cargnelutti (fratelli).

Prima che il gruppo spontaneo di Villa si fondesse con il Comitato di S. Rocco nel 1996, dando vita al Comitato Borgate del Centro Storico, i promotori dei surisins andavano anche casa per casa a raccogliere i fondi necessari a sostenere le spese, seppure non sia mai mancato qualche generoso sponsor.

In questo intenso periodo di ricerca sulla storia dei surisins ho raccolto alcuni simpatici aneddoti. Sicuramente tanti altri si nascondono tra le pagine dei diari di vita, ma la tempistica concessa è stata piuttosto stretta: bene sarà raccoglierli in futuro! Pierluigi Sindici ricorda che un anno prese fuoco il sacco che attutiva il colpo di rimbalzo del surisin. A quel punto un pompiere, forse proprio Paolin, salì sulla scala per spegnere le fiamme, quand’ecco che il dr. Valentino Stefanutti, che abitava all’ultimo piano di casa Beltrame, preso dalla paura, lanciò dalla finestra un secchio d’acqua, che travolse il povero pompiere. C’è anche chi, una sera di settembre, mentre assisteva allo spettacolo dei surisins, ha fatto la proposta di matrimonio alla fidanzata e lei, senza indugio, ha detto “sì”. Il M. Severino Del Fabro, con la sua naturale attitudine a rendere tutto in rima, dedicò anche una poesia ai surisins, pubblicata nella raccolta di suoi componimenti Glemone nel 1992 (ed. Associazione Storie dai Longobards – Arti Grafiche Friulane UD). Mentre l’artista Carlo Venturini ha realizzato due simpatiche ed ironiche versioni di una sua interpretazione dei surisins, inserite su vari manifesti e volantini.

(Testi tratti dall’opuscolo “Surisins una tradizione che si riaccende” – 2010 – a cura di Maria Copetti; disegni dell’artista Carlo Venturini)
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